Vi propongo una nuova struttura: Contesto – Disincanto – Alleanza
- Federico Attore
- 21 giu
- Tempo di lettura: 2 min

Negli anni sono state studiate e proposte decine di strutture narrative per lo storytelling.
Molte arrivano dal teatro, dalla grande letteratura, dal cinema.
Alcune sono diventate modelli di riferimento anche nel business, nella comunicazione e nella formazione.
C’è, ad esempio, la struttura di Nancy Duarte, la guru del presentation design, che lavora su tre momenti fondamentali: il contesto, le complicazioni (con il gioco continuo tra ciò che è e ciò che potrebbe essere), fino alla risoluzione finale.
O quella di grandi comunicatori pubblicitari che costruivano il messaggio partendo dal conflitto, per poi introdurre un antagonista (spesso un competitor), e infine rivelare l’eroe vittorioso: il brand, il prodotto, la visione.
Io non sono un guru, e quando si parla di questi nomi mi inchino con rispetto a una cultura aziendale e imprenditoriale che ha costruito pezzi di storia.
Ma è da qualche mese che sto testando — in aula, con i clienti, nei miei contenuti — una struttura diversa, forse più adatta a questo tempo: un’epoca in cui la fiducia è fragile, la comunicazione è satura, e portare dalla propria parte uno stakeholder non è mai stato così complesso.
È una struttura semplice, ma radicale.
Non vuole convincere. Vuole costruire alleanza.
E si articola così:
1. Atto I – Il Contesto
Si parte da una fotografia sincera della realtà.
Non quella patinata, ma quella concreta, con le sue crepe, la sua stanchezza, le sue ambiguità. È un momento di onestà narrativa: ti mostro ciò che vedo, e forse anche tu ti riconoscerai.
→ TURNING POINT 1 – Il punto di rottura
Qui accade qualcosa.
Un’immagine, una citazione, una storia — anche minuscola — che rompe il ritmo e fa emergere il disagio. Il disincanto. È qui che si cattura davvero l’attenzione. Non con l’effetto wow, ma con l’effetto “anch’io mi sento così”.
2. Atto II – Il Disincanto attivo
È il cuore della narrazione.
Non edulcori, non prometti soluzioni. Accompagni.
Dai voce a ciò che spesso resta sotto: la stanchezza, la sfiducia, ma anche la voglia di trovare nuove vie.
Qui non sei più esperto, non sei speaker: sei alleato.
Metti in gioco la tua esperienza, il tuo metodo, ma lo fai senza metterti sopra. Crei un campo comune.
→ TURNING POINT 2 – Il varco
Arriva un gesto, un principio, una possibilità.
Un’idea piccola ma concreta che mostra che un altro modo è possibile, che non tutto è perduto. È qui che nasce la speranza selettiva. Una scintilla.
3. Atto III – L’Alleanza
Non si chiude con una formula magica o con una call to action che promette la luna.
Si chiude con un invito a costruire insieme, con una proposta di relazione, non di consumo.
La call to alliance: “Se questo ti risuona, parliamone. Camminiamoci insieme.”
È una struttura che non semplifica, ma non lascia solo.
Che non grida, ma chiama.
E che, in un’epoca di rumore, si fa ascoltare proprio perché sa toccare il punto giusto: quello in cui l’altro sente che può fidarsi.
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